Navigando sul web mi sono imbattuto in una storia che non conoscevo. Di quelle che non ti raccontano né i media principali né, figuriamoci, i libri di scuola. Perché protagonisti in negativo sono i vincitori. Quelli che, come canta Bennato, “fanno la storia”. La storia è quella di Giuseppina Ghersi, bambina di Savona che a soli 13 anni, una maledetta mattina del 25 aprile 1945, fu sequestrata da tre partigiani comunisti. I quali la portarono nei locali della Scuola Media “GuidoBono” a Legino, diventato un Campo di Concentramento per i fascisti. In questo luogo lugubre, Giuseppina Ghersi fu trattata alla stregua dei peggiori criminali dai tre. Le dipinsero il capo di vernice rossa, la pestarono a sangue e la seviziarono per giorni, tutto questo sotto lo sguardo impietrito dei genitori, anche loro deportati e imprigionati.
Il 30 aprile, Giuseppina Ghersi, fu giustiziata con un colpo di pistola alla nuca e il suo corpo gettato, insieme ad altri, davanti al cimitero di Zinola. Motivo di tanta barbarie? Un tema.
Il sequestro di Giuseppina Ghersi per un semplice tema applaudito da Mussolini
Giuseppina Ghersi è nata nel 1931. Era una studentessa di 13 anni dell’istituto magistrale “Maria Giuseppa Rossello”del quartiere “La Villetta” di Savona. Una bambina accorta e diligente, figlia di commercianti ortofrutticoli e abitava in via Tallone, attualmente via Donizetti. Dall’esposto del padre, Giovanni Ghersi, presentato al Procuratore della Repubblica di Savona in data 29 aprile 1949, di cui è possibile chiedere copia all’Archivio di Stato di Savona, e che consta di sei cartelle minuziosamente vergate a mano, si legge una storia raccapricciante.
E si, chi lo sa quanti ci sono casi simili a questo che ci fa tremolare l’anima. Inanzi tutto perche’ molti di noi furono, e lo sono forse ancora, ammiratori del periodi in cui comunisti guidavano parechi paesi. Con questi esempi nasce un diverso sospetto che potrebbe incitare azioni non molto gradevoli. E tutto diventa dubitoso, assolutamente tutto.