Domande difficili per ragazze facili

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-Te la dovevi tenere di più nelle mutand…- Mi fa Irene mordendosi le labbra prima di terminare la frase, ma io che credo all’estinzione delle sirene causata dall’uomo (dagli americani maledetti arghhh!!), secondo voi, non dovrei credere che ci siano maschi sviluppati a tal punto da capire che anche ad una donna la zona subombelicale può… tirare subito?!

Non sempre eh… ma può capitare dài.

A me capita. Spesso. Lo vedo, lo annuso, ascolto la sua voce e capisco. E una volta capito… perché aspettare? Il piacere non dovrebbe essere discriminato. Irene con questa frase morsicata ha espresso in realtà un preconcetto arduo da scardinare. Via… Siamo in una società che si sta avviando al frociocentrismo, i bambini si ordinano on line e andare a buttane è e sarà sempre lo sport nazionale anche in tempo di crisi, Ma… Ma se ti piace uno davvero non gliela devi dare subito. Qualcuno mi spiega il perché?? “Devi farti desiderare.” dice nonna. E mentre lui desidera io che faccio?? “Spassatela col giardiniere o con l’istruttore di pilates” consiglia la brava ragazza.

Ma io non sono una brava ragazza, non ho un giardino e nemmeno un istruttore di pilates, io sono una povera ragazza di facili costumi.

Ma tornando a noi… che il piacere femminile sia diverso da quello maschile? Cioè deprezzato? Deprezzabile? Vale di meno? O è solo un mezzo per la donna, mentre per l’uomo è il fine?

Secondo te, Irene, faccio un favore al maschio quando mi concedo?? Ma magari. Sarebbe bellissimo: “Dài ok. Puoi penetrarmi. Ma poco però eh. E ringrazia. Magari con una cena, magari con un mazzo di fiori, magari con una vacanzina a Riccione. Adoro il mare d’inverno!”.

E invece no. Ecco che subito, anche sta volta, tac lo conosco, mi piace come si entusiasma.

Parliamo, parliamo di tutto quello di cui vorrei parlare con una persona (uomo donna cane) cioè non parliamo di lavoro, età, formazione, famiglia ed ex vari. No, parliamo di cose davvero importanti… non so se mi spiego, tipo di sogni ecco. E poi piove e siamo in piazza San Francesco e io sono super contenta per la pioggia e per il resto e allora chiaramente ci baciamo e io sollevo la punta del piede, piegando la gamba all’indietro, come nei film. Non so… io mi ricordo di quella sera, è stata la nostra prima uscita. Ero felice e mi pareva come se avessi scoperto quel posto di cui tutti parlano ma che nessuno ha mai visto e non si sa se esista davvero: Atlantide, dove ci stanno pure le sirene!! Ecco sì, lo chiameremo Atlantide d’ora in poi, lui.

E poi quella sera, dopo tante cose successe, sono dove so che Atlantide sarà, ben vestita (in pizzo arrizza cazzo) e lui, Atlantide, dopo tutta quella pioggia (e pure le corse dei cani mi ha portato a vedere una volta!) dopo tutto quello che credevo che un bisticcio non potesse guastare, taaac non mi degna di un brandello di occhiata. Manco per sbaglio. Manco un soffermarsi vacuo. No! Zero. Me misera! Me tapina!! Me ne sto immobile al centro del locale con il mio sorriso stampato sulla faccia dipinta, jocker femmina in pizzo nero, con veramente troppe, velleitarie aspettative da questa tirchia esistenza.  Allora arriva Irene che se ne esce con LA frase da biscotto cinese:

te la dovevi tenere di più nelle mutande

Ma da fare Ire? Da fare? È per questo che Atlantide mi ha lasciata a piedi? Perché gliel’ho data al secondo appuntamento?? Perché gliel’avrei data anche prima ma per strada sai… ma poi… poi inizio a pensare. Mentre torno a casa, sola, col mio vestitino pizzo-nero-rizza-cazzo, penso.

Ommamma penso! E inizio a riflettere sul senso della frase di Irene, che se non avesse avuto un senso, non starei qui a rifletter sul suo senso no? Perché ci penso, se non credo sia vera? Non è vera, ma. Ma…

Qualche giorno dopo convoco le mie sorelle di campagna (padana of course!) sempre in forma loro: poco pelo sulla lingua, molto sullo stomaco, single da una vita, disastratissime. Sollevo la questione.

Non perdo tempo. -Ragazze. Darla o non darla subito?

In realtà non mi sono mai fatta sta domanda, abbastanza ovvia del resto, perché le mie relazioni sono di due tipi. Quello del Entra, spara e scappa, ginnastica, più che altro, per evitare attacchi di fame alle tre di notte che guasterebbero la mia forma fisica; e quella del Comunque non ti dimenticherò perché mi hai dato qualcosa che solo tu mi potevi dare.

– c’è forse qualcosa di sbagliato nel mio atteggiamento, voglio tutto e subito e se no vaffanculo? – chiedo alle girls.

É che i maschi italiani sono pur sempre figli di madri italiane – fa Sandra. -Ti prego mi stanno troppo sul cazzo gli esterofili- replico. Dafne non sembra tanto presa dalla questione, fuma la centesima Centos della giornata e messaggia su Tinder con un paio di brizzolati palestrati. Lei la dà sempre subito, perchè tanto è sempre innamorata di qualcun altro: di un’idea crudele.

– non sono esterofila, sono obiettiva. Non è un problema di maschi, ma di donne. Sono loro che plasmano la mentalità, siamo noi che ci diamo delle troie e ci lasciamo condizionare da retaggi medievali – Sandra finisce il bicchiere. Chiedo a Dafne di mettere il silenzioso sul telefono. Il bip bip delle notifiche di Tinder mi ricorda di quando avevo anche io uno smartphone. -secoli fa! – dice Dafne, -già! Ecco perché scopavo allora… avevo whats app!!- Risata grassa.

Ma comunque, tornando alla questione legata alla prima volta, io resto della mia.

Io se dovessi, per qualche reflusso spaziotempo o chenneso, ritrovarmi con Atlantide di nuovo per la prima volta, farei in modo di essere depilatissima e, con il sole o con la pioggia… subito, subitissimo, a lui, Atlantide, che diceva che gioco a fare la ribelle… ma che ribelle!! Sono al bar con le mie due amiche di sempre che mi sto arrovellando per capire se, dove, come ho sbagliato e la colpa la do a chi??

Al mio organello pulsante. Al generatore di vite colpevolizzato dalla chiesa, da Ungaretti, dalla Mattel, etc… Atlantide sono una donna italiana che non ha ancora smesso di scontare il castigo per aver tentato Adamo con una mela rossa. Io che le mangio solo verdi le mele, e continuo a chiedermi dove ho sbagliato.

-Gliel’hai dato il culo?- Dafne è risorta. Questa è una domanda davvero importante.

– Noooo!!- Esclamo indignata. – no che non gliel’ho dato il culo!!

– Perché?

 – ma perché non me la sono sentita- balbetto.

-Non ti piaceva. – fa Dafne senza staccare gli occhi dall’I phone. No, Dafne, mi piaceva, mi è sempre piaciuto, ma… – forse bè… volevo fare le cose con calma…

– Quali cose?? – Dafne maieutica, Socrate risorgi e segati now.

-Eddai checcazzo!! …volevo conoscesse aspetti di me… altri…

Grassa, grassissima risata.

La verità era che volevo mi vedesse come un cervello, ma non lo ammetterei mai davanti alle mie più care amiche -Vedi, tutto torna. Dovevi dargli il culo. Solo perché la sua intelligenza è maggiore, come ti sta piacendo pensare, della somma delle intelligenze di tutti quelli con cui sei stata, non vuol dire che non voglia quello che vogliono tutti. E tutti vogliono il culo.-  la sentenza solenne di Dafne mi spiazza, cerco la smentita negli occhi di Sandra che li abbassa, dispiaciuta, forse più dal fatto che non ci sia arrivata prima. E Dafne ancora, – adesso mi dirai che non glielo prendevi neanche in bocca!

– massi cazzo certo dài, cosa siamo all’asilo??…- ma non devo sembrare convinta, mi guardano serie, sorrido come faccio sempre quando so di averla fatta grossa e capisco di essere stata scoperta.

-con ingoio???- fa Dafne socchiudendo gli occhi sospetta. Maledette!! -solo una volta- ammetto, abbassando gli occhi e mi sorbisco quello che mi merito, cioè un oooohhh, tipo quello che fanno i tifosi quando vedono sbagliare un rigore. Cerco di buttarla in ridere, come sempre. -E con la mela e il peccato originale e quel senso di colpa trascendentale che ci portiamo appresso come vuole la cattotradizione, come la mettiamo? Filava quel discorso…- chiedo d’un fiato, con espressione che vorrebbe essere da brillante sbarazzina. Vorrebbe.

-Dài il culo. Dare il culo è l’espiazione! – Dafne chiude così questa conversazione. Segue l’oblio e io che le consegno il telefono per evitare di chiamare Atlantide ed offrirmi così, a culo scoperto. La dignità… la dignità è così importante il giorno dopo. Insomma anche questa è andata, lasciandomi più domande che risposte.

Darla, non darla, ritorno a quella sera, alla sua indifferenza, al mio ancestrale senso di colpa. Seeee…Atlantide è la città sommersa. È la città perduta. Nessuno la conosce eppure io… eppure io oh ci continuo a credere.

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