L’economia mondiale misurata con gli hamburger? Tutto è possibile;
Siete stanchi di leggere le notizie economiche e non capirci nulla perché citano sigle incomprensibili ai comuni mortali come MIB30, S&P, Spread e chi più ne ha più ne metta?
Scherzi a parte in queste righe ci divertiremo a fare un esercizio un po’ più complesso utilizzando come termine di paragone gli hamburger più famosi al mondo, quelli di MacDonald, prendendo in considerazione il “leggendario” Big Mac.
Non siamo certo i primi a parlarne, tant’è vero che troverete una descrizione del “Big Mac Index” anche su wikipedia. Nel corso del tempo l’indice Big Mac, infatti, è diventato una sorta di standard globale. Lo si trova già da tempo in diversi libri di economia.
Prendiamo, inoltre, spunto per le dovute analisi da un articolo recentemente apparso sulle pagine di “The Economist“. L’indice Big Mac è infatti stato introdotto proprio dal settimanale britannico, nel Settembre 1986 da Pam Woodall. Da quella data annualmente “The Economist” ha pubblicato i risultati dell’analisi effettuata prendendo come paragone il famoso panino.
McDonald’s tra alti e bassi continua ad essere, tra le critiche, uno degli esempi di globalizzazione.
Lo troviamo dovunque nel mondo. Ad Hong Kong, per esempio, città definita ultimamente come la più cara al mondo, potete imbattervi in uno dei loro negozi e ammirare un “Ronald McDonald’s” gigante con un guanto giallo sollevato in segno di benvenuto. Vicino a lui altre decorazioni promozionali, inclusa una bibita delle dimensioni di un uomo e un pacchetto di patatine fritte anche più grande. Al piano superiore, i menu touch-screen ora consentono ai clienti esigenti di costruire il proprio hamburger, aggiungendo ingredienti nuovi come champignon alla griglia, peperoncini jalapeños a fette o addirittura (eresia!) eliminare il panino.
L’innovazione quindi, coinvolge anche la famosa catena americana che cerca di resistere ai cambiamenti ed alle abitudini coinvolgendo i clienti con tutte le tecniche di marketing possibili.
Sarebbe molto più facile per tutti mettere a confronto le economie mondiali se le cose rimanessero sempre immutate. Lo stesso panino, gli stessi negozi, la stessa valuta, lo stesso potere d’acquisto. Ma purtroppo sappiamo bene che non è così ad esclusione di una costante irremovibile.
Il Big Mac! Quello rimane sempre lo stesso!
Anche se varia lievemente tra un paese ed un altro, la sua consistenza fa parte del suo fascino per i clienti. Per questo motivo che può essere un punto di riferimento utile per valutare il potere delle valute e la dimensione delle economie nel mondo.
Per calcolare il “Big Mac Index“, è necessario rilevare il prezzo del panino in 59 paesi che rappresentano il 94% della produzione del pianeta. Si scopre che alcuni di questi hamburger sono molto più economici rispetto ad altri. In America, un Big Mac costa 5,04 dollari in media. Ad Hong Kong, in confronto, lo stesso hamburger costa l’equivalente di circa 2,50 dollari . Ci sono molte ragioni per le quali i Big Mac di Hong Kong sono più economici. Uno di questi è la valuta. Quella di Hong Kong è sottovalutata rispetto al dollaro (il dollaro di Hong Kong è agganciato al dollaro dal 1983).
L’indice Big Mac fornisce quindi un semplice “benchmark” per valutare la competitività delle valute. Esso mette a confronto il tasso di cambio di ogni paese con un ipotetica alternativa: il tasso che servirebbe per rendere uguale il prezzo di un Big Mac in tutto il mondo. A Hong Kong, dove il Big Mac costa 19,20 dollari di Hong Kong, il tasso di cambio ipotetico sarebbe 3,81 dollari di Hong Kong per un dollaro americano. In realtà, il tasso di cambio del mercato è molto più debole: ci vogliono 7,76 dollari di Hong Kong per comprare un dollaro americano. Secondo l’indice Big Mac, quindi, il dollaro di Hong Kong è fortemente sottovalutato, di oltre la metà.
Hong Kong non è da sola in questo senso.
A giudicare dal prezzo del Big Mac, infatti, la maggior parte delle valute mondiali sono sottovalutate rispetto al dollaro. L’euro è sottovalutato del 17% rispetto al dollaro. Lo yen di circa il 30%. Anche nelle economie emergenti la situazione non cambia: Sud Africa (-58%), Malesia (-61%). Le uniche valute che sembrano sopravvalutate sono Svezia (sopravvalutato del 4%), Norvegia (+9%) e Svizzera (+31%).
Se la maggior parte delle valute sono “troppo” a buon mercato rispetto al dollaro, ne consegue che il dollaro deve essere troppo costoso.
L’indice Big Mac in questo senso suggerisce che è salito del 56% al di sopra del valore di mercato su base ponderata. Questo significa che dovremmo aspettarci un crollo del dollaro? No. Ci sono ragioni economiche fondamentali per cui i tassi di cambio tendono ad essere a buon mercato nei paesi in via di sviluppo paesi. In particolare: scarsa produttività nei settori commerciali (ad esempio, la produzione) e quelli non commerciali (ad esempio, i servizi). Dato che la produttività nel settore manifatturiero migliora costantemente nei mercati emergenti, di conseguenza aumentano i salari in fabbrica, mettendo pressione al rialzo su salari e prezzi in altri settori dell’economia, anche nelle catene di fast food. Ciò renderà il loro hamburger più caro, riducendo il divario con l’America.
L’indice Big Mac fornisce anche un indicatore divertente della dimensione delle economie nazionali. Un argomento che genera dibattiti e polemiche.
Se un paese spendesse l’intero reddito prodotto in un anno per comprare dei Big Mac, quanti ne riuscirebbe a comprare?
Il Fondo monetario internazionale (FMI) calcola che il PIL degli Stati Uniti di quest’anno sia circa 18,5 trilioni di dollari (equivale a 18.500.000.000.000.000.000 dollari). Questo significa che gli USA potrebbero comprare circa 3.700 miliardi di hamburger a poco più di cinque dollari ciascuno. L’America rappresenta dunque una grande quota del totale mondiale, che sarà pari a oltre 19.200 miliardi nel 2016 in base alle previsioni del Fondo Monetario Internazionale.
E l’Italia? In casa nostra il Big Mac costa circa 4,30 dollari quindi meno che negli USA ma, ad esempio, più che in Germania dove costa 3,86 dollari.
Può qualsiasi altra economia mettersi in competizione con la patria dell’hamburger?
Il PIL della Cina sarà circa 73 miliardi di yuan quest’anno, prevede sempre l’FMI. Si tratta di circa 11,4 miliardi di dollari. In Cina, un Big Mac costa solo 18,6 yuan. Quindi, il suo PIL è pari a circa 3.900 miliardi hamburger, oltre il 5% in più rispetto al totale americano. Da questa analisi sembrerebbe che la Cina abbia superato l’America già dal 2013. A tassi di cambio di mercato, l’economia americana rimane ancora molto più grande di quella cinese. Ma a in termini parità di potere d’acquisto, seguendo il modello del Big Mac Index, le posizioni dei due paesi sembrerebbero capovolte.
L’economia mondiale misurata con gli hamburger?