Cosa significa essere bambini? Che creature dolci e delicate i bambini, vero?!
No, per niente!.
Quest’anno in vacanza mi sono capitati due episodi decisamente irritanti. Protagonisti principali: cani e bambini, il cast più attuale di questa estate preda della notizia del dogo argentino killer.
Nel primo episodio io e mio marito ci trovavamo in una spiaggia delle Marche con Candy al guinzaglio, la nostra nerissima meticcia, per farle conoscere il mare. Sul pontile, a fianco della spiaggia, una coppia con alcuni amici e nei dintorni alcuni bambini che giocavano. Mentre eravamo sul bagnasciuga, si avvicina il gruppetto di bimbi e il portavoce, un maschietto sui sette/otto anni, che già a prima vista non era una bomba di simpatia, ci chiede se il cane è buono e se poteva accarezzarlo. Noi, visto che Candy era un po’ nervosetta causa il nuovo habitat, gli abbiamo detto che era meglio non toccarla. Bene, qui inizia la situazione comico grottesca nella quale il bambino prende in mano un bastone e dice “nemmeno se gli tiro questo?!”. Noi gli chiediamo di mettere giù il bastone, dicendogli che è meglio non agitarla. Quindi questo cosa fà?!
Prende e tira il bastone addosso al cane sghignazzando “forse così gli passa”.
Mio marito non ha saputo resistere e ha intimato al bambino di stare lontano, cercando l’appoggio dei genitori che se ne stavano bellamente a chiacchiere. Solo dopo che la voce si alzava, hanno richiamato il mini vandalo.
Nel secondo episodio sempre io e mio marito uscivamo da un parcheggio interrato di una città lombarda, che si affacciava direttamente in un parco, habitat peraltro ideale per un cane. Facciamo una passeggiata e troviamo una fontana per far bere Candy. Alla fontana si erano appena dissetati anche due ragazzini che risaliti in sella alla loro biciclette e fatte le prime pedalate, ci rivolgono la parola dicendo “Comunque nel parco i cani non possono entrare”. Noi ci giriamo e rimaniamo allibiti dall’atteggiamento arrogante dei bambini e ci dirigiamo all’uscita dove era presente il cartello che riportava il divieto per i cani ma anche per le biciclette.
Ora non prendete il mio risentimento per questi episodi, come un monito fatto da una di quelle che “gli animali sono meglio delle persone” perché non è così.
Diciamo che mi hanno semplicemente fatto riflettere sul genere umano.
Nel primo caso sulla totale mancanza di volontà da parte dei genitori di insegnare ai propri figli i concetti basilari di rispetto, educazione e sensibilità.
Nel secondo caso, il pensiero che un bambino di dieci anni si permetta di giudicare il comportamento di un altro (per giunta adulto) prima ancora di aver analizzato il proprio, mi pone molti interrogativi sulla famiglia e anche sul modo oramai diffuso, di soppesare e porre l’accento su ogni cosa fatta da una persona terza invece di meditare sul proprio comportamento e portare avanti la propria condotta senza preoccuparsi degli altri.
Viviamo un momento in cui grazie ai social ognuno si sente legittimato a dire ciò che pensa, che da una lato è stata un’incredibile rivoluzione che ha permesso di abbattere barriere reali ma che dall’altro, ha riempito il nostro oggi di tonnellate di chiacchiere inutili e di persone che riescono solo a manifestare dissenso od approvazione per ogni argomento o campagna. Vedasi vegani contro onnivori: fondamentale sarebbe che ognuno di loro portasse avanti la propria scelta senza giudicare l’altro e senza cercare di far cambiare idea.
Non a caso il miglior metodo di insegnamento è l’esempio!
I social hanno contribuito alla creazione di battaglie generate dalle notizie più variegate, incrementando, per via di tempi e velocità d’informazione, l’assenza di approfondimento, giudicato noioso e improduttivo. Nei tempi passati le notizie date da giornali o radio erano analizzate alla fonte, in prima battuta, e solo se giudicate attendibili venivano diffuse dopo l’attento confezionamento che toglieva strafalcioni ortografici o grammaticali.
Oggi anche le testate giornalistiche più famose si limitano a ribattere gossip da bar o peggio ancora bufale senza capo né coda che le persone, a loro volta, condividono senza nemmeno aprire il link a cui fanno riferimento.
Il più delle volte tutto questo contribuisce alla creazione di un vortice di commenti di bassa rilevanza con tutta probabilità basati sul nulla.
I bambini (a proposito del discorso dell’esempio) vedendo questo comportamento si limitano ad emulare i genitori e crescono con un’arroganza unica priva di ogni senso, ma generalizzata ed applicata ad ogni genere di attività. Ora è solo un commento a due passanti o una bravata verso un animale ma domani cosa potrebbe essere? Ci stupiremo ancora degli episodi di violenza da branco? Riusciremo ancora a meravigliarci del razzismo o della discriminazione?
Io a dieci anni pensavo ad essere bambina.
Non importa in che periodo storico si nasce: se immersi nella tecnologia o nell’età della pietra, il tempo per essere bambini esiste in ogni epoca. Esiste il tempo per essere bambini ma anche il tempo per essere guidati all’età adulta da chi, prima di noi, ha conosciuto il mondo.