Il bosco dei bossi … se la fede é riposta in noi …

Com'è possibile che il popolo che ci ha dato Beethoven, Schiller, Goethe e tanti altri uomini e donne geniali, abbia partorito questo scempio?

222

Il bosco dei bossi. Credere in qualcosa è un bisogno fondamentale della vita degli esseri umani. Abbiamo bisogno di sentirci parte di un qualcosa più grande di noi, qualcosa che ci renda partecipi e protagonisti dei nostri giorni, soprattutto se sentiamo che la nostra esistenza sta girando a vuoto su sé stessa. Tuttavia, la fede mal riposta può tirarci brutti scherzi.

Ce ne possiamo accorgere tranquillamente osservando noi stessi e i nostri simili.

Se la fede è riposta in noi, nelle nostre capacità, allora le nostre energie vitali, sopite dalla monotonia di tutti i giorni, riprendono vigore e ci fanno sperare nel domani in maniera costruttiva; se la fede invece è riposta in un qualcosa di esterno, in un “conduttore” o “epifania”, stiamo pur certi che il nostro sarà un atteggiamento passivo nei confronti della vita. Trascorreremo i nostri giorni aspettando una valvola di sfogo, un qualcuno che ci liberi da noi stessi e ci autorizzi a fare ciò che altrimenti non avremmo fatto mai. Così, persone semplici e all’apparenza buone, possono diventare portatrici di crudeltà e scempiaggini contro l’essere umano, senza neanche rendersene conto.

Ho passato la mia scorsa estate in un paesino della Germania centrale, Weimar.

Circa 60.000 anime, un passato glorioso dovuto alla letteratura e al design, tanti studenti e ricercatori provenienti da tutto il mondo; insomma, un paradiso per chi crede nelle capacità umane. Ma ogni luce getta un’ombra. Basta prendere una circolare, la linea 1, per ritrovarsi all’inferno. Dietro Weimar, infatti, sorge il campo di concentramento di Buchenwald.

Buchenwald è l’emblema dell’ironia perversa alla base del nazionalsocialismo e di tutte le “democrature”.

Si comincia col nome: Buchenwald, ovvero “ Il bosco dei bossi “. Un appellativo piacevole per una località dove Goethe trascorreva le sue giornate. Si continua con l’immancabile scritta sul cancello di entrata: “Jedem das Seine”, “Ad ognuno il suo”. Al centro del campo sorgeva una quercia, di cui ora rimane solo una parte del tronco, la quercia di Goethe. Ciliegina sulla torta: Buchenwald ha un proprio inno, una marcetta dalla melodia abbastanza allegra, fatta scrivere dai nazisti ai prigionieri: “Das Buchenwaldlied”, il canto di Buchenwald, ascoltabile tranquillamente su youtube.

Visitando il campo, non ho potuto provare altro se non rabbia. Come poteva essere?

Com’è possibile che il popolo che ci ha dato Beethoven, Schiller, Goethe e tanti altri uomini e donne geniali, abbia partorito questo scempio? Qualche giorno dopo, ebbi la risposta. Stavo vedendo delle fotografie d’epoca, e vidi una scena terribile: la piazza del mercato di Weimar gremita di gente con il braccio destro teso, mentre salutava Hitler che si trovava in un albergo che dava sulla piazza. Erano gli anni ’30: Hitler stava facendo campagna elettorale ed era passato di lì. Sapeva che prendere Weimar sarebbe stato un duro colpo per la società colta e liberale tedesca.

E così fu.

Centinaia di persone si presentarono spontaneamente lì, in quella piazza, ad accogliere la loro “guida”. In quel momento, mi ricordai di un filmato che avevo visto in tv qualche anno prima: dei soldati americani avevano costretto dei cittadini tedeschi a visitare il campo di concentramento vicino al loro paese. Il filmato era a colori e senza musica di sottofondo: ho visto quegli uomini piangere e inorridirsi durante la visita al campo. Molti di loro non sapevano di avere una tale struttura praticamente dietro casa.

Qual è la morale di tutto ciò?

Quegli uomini e quelle donne piangevano alla vista dei cadaveri dei prigionieri, ma quante lacrime avevano versato quando avevano sentito Hitler nei suoi discorsi deliranti sulla purezza della razza? Quanti uomini e quante donne di Weimar, nel 1945, si sono pentiti di aver riposto la propria fiducia in Hitler? E quanti di loro si recarono più di dieci anni prima sulla piazza del mercato a tendere il braccio alla loro “guida”? Eppure Hitler è stato chiaro e violento fin da subito. Cosa c’era da aspettarsi di diverso?

Che non avrebbe mai fatto quelle cose? Che diceva quei discorsi solo per dire, tanto non avrebbe mai messo in pratica nulla? E quelle persone che lo seguivano? Persone brave e oneste ma fino al successivo comizio, quando avrebbero rigurgitato il proprio odio e la propria frustrazione, dovuta al non riuscire a governare la propria vita, sfogandosi sugli altri, come cinghiali alla carica, ma solo in gruppo e solo con l’autorizzazione del capo supremo.

Vi ricorda qualcosa tutto ciò?