Il piccolo Nemo nella divisa di Corto Maltese – Seconda Parte

Nel ricchissimo tesoro delle opere di Tomislav Osmanli, oltre a romanzi, racconti e scenegiatture per film si trova anche un libro teoretico dedicato alla nonna arte - cioè i fumetti

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Il piccolo Nemo nella divisa di Corto Maltese

(L’Oceano delle immagini)

( per la prima parte clicca qui )

In quel momento di fronte a me apparve un indigeno nudo con gli occhi da gatto e la pelle color rame, con il viso ed il petto dipinto con strane strisce bianche, parlando antiche storie in lingue dimenticate, il cui sussurro profondo potevo sentire e, in quell’attimo, anche capire.

In bocca teneva una lunga canna con un dardo avvelenato rivolto verso di me.

Su una corda di erbe arrotolata intorno alla sua vita, erano appese zucchine pieni di veleno mortale a base di erbe di cattivo gusto. Ascoltavo tutto. Anche l’incomprensibile fischio del veleno che oltretutto aveva un colore grigio freddo. Ora potevo vedere tutto e tutti, e capire chiaramente quando l’indigeno faceva un respiro profondo. Le sue guance soffiarono una freccia avvelenata verso di me, ma fallì nel suo intento e crollò mentre alle sue spalle apparve un’insolita figura umana, con una lunga barba incolta e un capotto scuro. Mi sorrise con sguardo amaro.

“Rasputin” – Immediatamente riconobbi quel carattere insolito che subito cominciò a ridacchiare.

L’ho colpito con una pietra. –mi disse Rasputin furbamente mentre mi faceva segno di seguirlo.- “Sbrigati, non abbiamo molto tempo piccolo.”
Non capivo perché non avessimo il tempo, fino a quando non sentii delle voci concitate di altri indigeni, insieme ad un terribile fruscio e il rumore di rami spezzati minacciosamente intorno a noi. Mi addentravo nel bosco seguendo Rasputin che con una machete, rapidamente, quasi di corsa, tagliava i rami e cespugli, finché non raggiungemmo un prato dove ci aspettava un’altra sorpresa. Sollevato in aria e pronto per decollo, c’era un enorme, colorata mongolfiera che fluttuava sopra le piante del prato. Una corda legava la mongolfiera ad una grande roccia.

“Veloce, piccolo, entra” – gridò Rasputin mentre aggiungeva sorridendo – “Ho trovato una città segreta piena di oro degli indigeni!”

“El Dorado” – pronuncia il nome del luogo magico tante volte citato nelle storie della foresta dei conti.

“Non m’importa come si chiama” – disse il mio perfido salvatore,  saltando abilmente nella mongolfiera- “l’importante è che l’ho svuotato ben bene” – aggiunse mentre con un colpo di machete tagliava la corda.

Il pallone cominciò ad allontanarsi dal suolo, mentre io ancora ancora stavo arrampicandomi, sentendo che una delle mie pantofole lentamente scivolava dal mio piede. Rasputin fece decollare la mongolfiera in aria, e solo allora mi prese per un braccio facendomi entrare nel cesto. A quel punto, mentre il pallone rapidamente si sollevava in aria, ed io con ero con i piedi appesi sul bordo del cesto, una mia pantofola scivolò e cadde proprio sulla testa del capo tribù guardiano della segreta città d’oro.

Per un attimo rimase perplesso per via dell’oggetto così inaspettatamente caduto dal cielo.

Subito dopo aver visto che si trattava solo di una pantofola, aveva spinto i suoi guerrieri immediatamente a soffiare i loro dardi velenosi, mentre uno di loro cominciò a preparare grande archi e frecce.

Un dardo velenoso passò davanti al mio naso. Un altro si conficcò nel mento infuriato di Rasputin, mentre altri si conficcarono nella grande pera colorata del nostro pallone, senza però dannegiarlo. In quell’attimo notai che uno degli indigeni agitava un grande arco verso di noi, e allora mi tolsi la seconda pantofola e gliela lancia.

Lo mancai, ma ancora una volta avevo colpito il responsabile della tribù, che cominciò di nuovo a saltare, scuotendo il tiratore nel momento stesso in cui stava per lanciare una grossa freccia. Questo gesto gli e evitò di colpire il nostro glorioso pallone.

Una volta saliti in alto nel cielo e completamente fuori della portata delle loro armi pericolose, eravamo abbastanza al sicuro.

Rasputin seduto sul fondo del cesto con le mani piegate dietro la testa, le gambe incrociate, cominciò a canticchiare una canzone dalla sua patria lontana, balenando con gli occhi, aprendo la tela sotto la quale luccicavano oggetti dorati ed insoliti gioieli della città proibita persa nella foresta vergine.

“Ecco, figliolo” – disse il volto barbuto – “Io sono ricco di oro, e tu di avventure! Nessuno può farci nulla!” – e di nuovo cominciò a canticchiare, mentre io, percependo l’arrivo di una nuova avventura, stavo guardando un gabbiano che era atterrato sulla cima del nostro pallone ed aveva subito cominciato a beccare fortemente la tela sul orlo tra la zona rossa e blu del pallone.

In quel momento l’aria calda usci cosi fortemente dal buco respingendo il gabbiano parecchi metri più in la ed il pallone smise ad salire.

Ahi!”- disse sorpreso Rasputin e consapevole che il pallone si fosse fermato.- “Da dove è apparsi quell’orrendo uccello?!”

“Da lì!” – ho indicato in lontananza la superficie infinita dell’oceano sul quale volavano numerosi gabbiani, nel momento stesso in cui il nostro pallone bucato iniziò rapidamente a cadere, spinto in maniera violenta dall’aria che usciva dal buco e dal vento. Precipitava violentemente verso la massa di acqua enorme.

“Beh, dove diavolo sta andando questa pera rugosa?”- gridò disperatamente Rasputin.
“Non è male, l’atterraggio sarà più sicuro sull’acqua”, dissi con calma.

“Ma di cosa stai parlando tu!”- mi sgridò freneticamente il maligno che mi aveva salvato la vita. “Prima di tutto, sul mare non si atterra! Ed inoltre, se dovessimo ammararci – diremo ciao al mio oro che si perderà in quelle inaccessibili profondità!”
Non c’era nulla da fare che attendere l’esito della situazione inaspettata. Guardai con calma il nostro cesto mentre si avvicinava al mare, fino a che si immerse nell’acqua.

Rasputin impazzito, riempiva le tasche della sua divisa con pezzi di oro, mentre il resto del cesto, trascinando il tessuto del pallone svuotato, affondava nella profondità dell’oceano.

Cosi, anch’io mi sono ritrovato nell’acqua e appena mi voltai per vedere dove si trovava Rasputin, lo vidi con gli occhi spalancati e con una epsressione inorridita sul volto guardandomi da sotto l’acqua, affondando con quell’oro nelle tasche, rilasciando bolle dalla bocca, finché la sua silohuette dinamica non si perse nelle profondità oscure ed opache.
Mi dispiacieva molto per il mio salvatore, perché il nettare di Boccadoro non mi aveva cancellato il sentimento di pietà, ed in un tale stato d’animo mi lascia pendere sull’acqua senza sentire paura, o ansia.

Rasputin non c’è più, adesso dovevo pensare a me stesso.

Con le braccia aperte, chiusi gli occhi e gli orecchi che sprofondavano in acqua, in pigiamia con le giraffe sorridenti, disteso su letto fresco e godente di oceano, sognavo le sue immagini vastissime, sentivo i gatti marini, il gioioso stridio dei delfini, il sussurrare delle sardine, il miagolare dei gatti, l’abbaiare dei cani, e difficili conversazioni di mostri dalle profondità più estreme…quando improvvisamente sentì come se qualcuno mi stesse chiamando.

“È la morte?” – dissi a me stesso senza paura. Alla seconda chiamata alzai la testa.

Aprii gli occhi e ammiccando al sole di mezzogiorno, vidi una sagoma insolita. Era appeso sulla prua di una barca.
“ Che c’è ragazzo, godi vedendomi cosi?” –disse sopra di me la faccia dalla voce ben conosciuta.

“Corto!” – gridai invaso dalla gioa perché anche quel sentimento si era salvato. Ma mi ricordai immediatamente che dovevo informarlo di una grande perdita: – “Rasputin non c’è più…”

“Cosa dici, Nemo!”- a quel punto sentii di nuovo una voce familiare, e dietro a Corto apparì il volto barbuto del sorridente e completamente bagnato Rasputin.- “La sotto si respira difficilmente, cosi ho deciso di liberarmi della meravigliosa imbottitura.

E Corto quando serve è sempre al posto giusto” – disse il maligno volto del mio ex-salvatore ridacchiando e tirando fuori un grande anello d’oro che brillava sotto il sole di mezzogiorno. A quanto pare era l’unica preda del tesoro dell’El Dorado andato perduto.

Guardavo sorridendo il mio marinaio preferito con l’orecchino sull’orecchio sinistro e la sigaretta accesa sul brodo delle labbra. Con sorpresa notai che il mio personaggio preferito non aveva più una statura gigantesca. Si era rimpicciolito pure lui, o sono cresciuto io?

“Andiamo”, aveva detto Corto e mi tese la mano per salire sulla prua della piccola barca – “Andiamo ragazzo. E’ abbastanza…”

Mi sono addormentato mentre navigavamo, e facevo diversi sogni. Vidi tutte le immagini possibili, perché consapevolmente sapevo che stavamo navigando per l’oceano infinito di immagini, stranamente sicuro che ci sarei ritornato, mentre negli orecchi risuonava la misteriosa ed incantevole nonchè profonda voce di Boccadoro:

“Sì, sì, sì!…”

Nota sull’autore TOMISLAV OSMANLI – Nel ricchissimo tesoro delle opere di Tomislav Osmanli, oltre a romanzi, racconti e scenegiatture per film si trova anche un libro teoretico dedicato alla nonna arte – cioè i fumetti – “Il fumetto – nota per un volto umano” è il titolo dell’unico libro teoretico in Macedonia dove l’interesse dell’autore è una profonda motivazione artistica e teoretica sul tema menzionato. Il racconto “Piccolo Nemo nella divisa di Corto Maltese” presenta un fantasmagorico viaggio negli ambienti dei fumetti dove s’incontrano personaggi dei sogni, creature e paesaggi dell’oceano delle immagini.

Il mondo fantastico dei fumetti – Il piccolo Nemo nella divisa di Corto Maltese – Seconda Parte

Scelta, traduzione e nota a cura di Biljana Biljanovska