Kirikù, un eroe piccolo piccolo. Al teatro Vascello di Roma

E’ un racconto che arriva dritto al cuore auspicando la fratellanza tra i popoli e un senso di giustizia che vada oltre il colore della pelle.

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Kirikù è in scena al Teatro Vascello di Roma dal 16 marzo al 14 aprile 2019, prodotto da La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello/Associazione Nomen Omen.

Lo spettacolo è diretto da Danilo Zuliani  di cui ha fatto un adattamento teatrale per i bambibi e non solo da un lungometraggio d’animazione del 1998, scritto e diretto da Michel Ocelot e basato su un racconto folkloristico dell’Africa occidentale, che racconta di un bambino che combatte e libera il suo villaggio da una strega..

Lo spettacolo è interpretato da Alessandra Maccotta che ne è anche l’aiuto-regista, Aron Tewelde, Valeria Wandja, Jesus Issa Seck, Yonas Aregay Kidane, Francesca Piersante.

Musica dal vivo: Ange Patrick Gbai , Creatore marionetta: William Ercolano Monteiro, Coreografie: Rossana Longo, Scenografie e costumi: Anthony Rosa

In un villaggio africano dove sono rimasti solo vecchi, donne e bambini, nasce Kirikù, un bambino prodigioso, che si toglie da solo il cordone ombelicale della madre e fin dai primi istanti di vita è totalmente autonomo, in grado di parlare, di camminare, di lavarsi e di badare a sé stesso. Kirikù viene presto a sapere dalla madre che il villaggio è vessato dalla strega Karabà, che ha sottratto l’acqua dalla fonte del paese ed ha trasformato in oggetti obbedienti detti rettili tutti gli uomini del villaggio, che hanno tentato di affrontarla. Kirikù decide allora di combattere la strega.

Tra l’incredulità e la diffidenza generale, al contrario della fiducia, peraltro meritata, della mamma, il piccolo eroe riesce a sventare i piani della strega, restituendo l’acqua alla tribù, dopo aver compreso che la fonte era ostruita da un enorme animale che la beveva tutta, diventato gigante dopo che si era introdotto nella fonte per bere quando era piccolo, e liberando le persone che la donna rapisce.

Nelle sue imprese Kirikù è assillato da un dubbio a cui nessuno sa dare una soluzione: il motivo per cui la strega sia così cattiva. Per trovare la risposta deve recarsi dal Saggio della Montagna, suo nonno, evitando il controllo dei feticci di Karabà, e per farlo deve scavarsi una galleria sotto la casa usando il pugnale di suo padre. Quando, superati numerosi ostacoli, si trova alla presenza del nonno, egli gli svela il mistero: Karabà soffre a causa di una spina avvelenata che le è stata conficcata nella schiena, che non riesce a togliere e non vuole togliere, perché ritiene che togliendola perderebbe i poteri magici e proverebbe nuovamente il dolore atroce che ha già patito una volta.

Kirikù, tuttavia, è deciso a liberarla e lo farà; in cambio otterrà di crescere anche fisicamente – dopo che è nato già mentalmente adulto – e sposerà Karabà; la donna peraltro, senza più la spina, ha cessato di soffrire, per cui è diventata buona e gentile. Ha mantenuto alcuni poteri e ha liberato gli uomini del villaggio, che in realtà non mangiava né uccideva ma semplicemente tramutava in feticci.

E’ un racconto che arriva dritto al cuore auspicando la fratellanza tra i popoli e un senso di giustizia che vada oltre il colore della pelle.

Una storia narrata dal protagonista (in versione umana e marionetta) ai piccoli spettatori attraverso teatro d’attore e di figura e accompagnata da musica dal vivo.

Secondo Danilo Zuliani “kirikù” ha molteplici significati innanzitutto è una fiaba iniziatica, anche se ai bambini pare non debba essere detto. Lui già prima di nascere parla con la madre. C’è una storia che narra che il bambino, prima di venire al mondo, suggerisce alla madre un motivo. Lei capisce di essere incinta quando ascolta questo motivo dentro di se e lo canta.

Secondo Danilo Zuliani, come ha descritto lo spettabolo durante un’intervista, kirikù ha molteplici significati.

La scelta di far muovere una marionetta, costruita secondo le fattezze di una bambola africana, è per citare uno dei nostri romanzi iniziatici per eccellenza: Pinocchio.

Il messaggio è altamente positivo. Kirikù è il portatore di novità, tant’è che sarà lui a sconfiggere la strega, ma trovando la vera natura del suo male.

“Noi lavoriamo – ha proseguito Zuliani – su più piani, teatro di figura con l’animatore della marionetta, il suo spirito, visibile e che interagisce con i piccoli spettatori. E’ un tramite.”

“Poi il teatro delle ombre territorio della strega e dei suoi trabocchetti ma anche caverna dove alberga il mostro che si beve l’acqua del villaggio.”

“La sua cattiveria è dovuta ad una spina piantata nella schiena: un tarlo, una violenza subita ma anche la paura di perdere i propri privilegi. Perché lasciamo che l’Africa continui ad essere sfruttata. Perché ci instillano continuativamente la paura di perdere i nostri privilegi se l’ordine costituito venisse messo in discussione. Il nostro centro del mondo. Quindi la spina dà anche i poteri Ma anche i suoi poteri dipendono dalla stessa spina.”

Avviandosi alla conclusione Zuliani ha detto: “La marionetta è costruita come fosse una bambola Abayomi. Una bambola fatta di vestiti strappati e nodi. Sulla rete ho trovato questi riferimenti: Che cos’è una abayomi intanto? Significa abay= incontro e omi=prezioso. E’ una bambola realizzata con stoffe e nodi: il suo nome ha origini iorubà che nella lingua africana significa portatrice di felicità. Ma qual è la storia? Durante le traversate delle navi “negreiros” che cariche di schiavi navigavano dall’Africa al Brasile, le donne a bordo si inventarono un modo per distrarre i loro figli nel corso di quei “viaggi dell’inferno”.

Ecco allora che realizzarono queste bamboline per far giocare i loro piccoli. Le abayomi venivano fatte strappando pezzi delle loro gonne per poi annodarli insieme, senza cuciture, né colla. Queste bamboline diventavano quindi un regalo prezioso per evadere dalla dimensione del viaggio e ritrovare un po’ di felicità.”

Comunque non svelo un notizia riguardante la Strega Karabà per non rovinare la sorpresa.