Le notti senza sonno

I suoi occhi spalancati sono puntati sul vuoto. Chiedono aiuto? Non lo so. Mi avvicino, strascica le parole tirandosi addosso il lenzuolo. Non vuole essere vista.

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Le notti senza sonno … E’ notte, il silenzio accompagna il riposo.

Sento il respiro di mia figlia che cambia d’intensità e diventa più lento.

Sono partite le crisi epilettiche, non c’è un orario fisso, non c’è una previsione, non capiamo a che punto del sonno si scatenano.

Mi avvicino al buio, accendo la luce sul comodino, intensità molto bassa, devo essere invisibile mentre l’osservo, qualsiasi cosa la infastidisce e non voglio aggiungere ulteriori problemi.

I suoi occhi spalancati sono puntati sul vuoto. Chiedono aiuto? Non lo so. Mi avvicino, strascica le parole tirandosi addosso il lenzuolo. Non vuole essere vista.

Capisco che è consapevole di cosa le succede, ma il suo corpo non può combattere lo scatenarsi delle crisi.

Le medicine non funzionano, ma non hanno mai funzionato, ne abbiamo provato tantissime, da un pezzo è classificata “epilessia farmaco resistente”.

Tutte le notti queste maledette crisi, chissà che tormento per lei. Noi siamo “solo” spettatori, per lei deve essere tremendo sopportare tanto.

Ripercorro con la mente tutte le tappe, tutti i viaggi che abbiamo fatto per cercare una soluzione alle crisi.

Abbiamo fatto tantissimo, io sempre al suo fianco. Quell’accertamento nel 2007 mi fece crollare. Tre ore di montaggio di elettrodi in testa. Dopo un’ora e mezzo la bambina si ribellò e cominciò a scalciare chiedendomi di lasciarla in pace. Provai dolore per il suo disagio e imbarazzo per la situazione, ma la voglia di sapere se questo accertamento avrebbe portato a qualcosa, mi aveva portato a prometterle un mare di regali. Ma a lei non importava, voleva correre in salone e giocare con gli altri bambini.

Si riuscì faticosamente nell’opera, eccola con migliaia di fili colorati in testa collegati a telecamere portatili da portare a tracolla sino a stare la notte in una camera “speciale” che avrebbe monitorato il sonno sino ad “acchiappare le crisi”.

Facciamo capolino nel salone dell’ospedale e lo sguardo di tutti andò sulla bambina, i visi dei genitori non posso dimenticarli, non riuscii a resistere, chiesi per cortesia ai volontari ABIO se potevano guardarla e corsi via. Dove potevo andare? Corsi in bagno, mi chiusi e mi sfogai. Non so quante pedate e pugni diedi alle piastrelle del bagno. Accidenti, tornai in salone con i piedi e le mani doloranti, la faccia gonfia.

Ero comunque calma, ridendo scherzai sull’acconciatura “pazza” di mia figlia, mentre le altre mamme mi abbracciavano.


Le notti senza sonno

Articolo di Marinella Melis