Marisa Cianfrano una pasionaria dei tempi moderni

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Ci sono delle donne come Marisa Cianfrano, che scrivono pagine di storia, ma non lo sanno, perché le scrivono nel quotidiano, in punta di piedi.

Un giorno per caso le nostre vite si sono intrecciate, un amico in comune ci ha presentato. Lei aveva deciso di prendersi il diploma di assistente per l’infanzia, il diploma era il suo riscatto. Ma non voleva il diploma  solo per migliorare la sua posizione lavorativa precaria. Aveva fame di cultura Rimettersi a studiare ad una certa età non è facile. Marisa Cianfrano  apparentemente potresti collocarla in un romanzo della Messina, le donne vinte che pagano due volte il prezzo della vita. Solo frequentandola ho invece scoperto che poteva essere uscita dalle pagine di un romanzo di Silone.

Il corso della vita può cambiare se ti organizzi con la “provvidenza umana” nelle leghe, nei sindacati, nei partiti.

La difesa del posto di lavoro è stata la sua battaglia principale, tanto da diventare ‘”la passionaria” della famosa tenda in piazza. Una tenda che per molto tempo è stata il simbolo di una resistenza. La lotta della Multiservizi, una lotta su cui sono stati scritti fiumi di inchiostro sulla stampa e nelle aule dei tribunali. La rete restituisce tante immagini, che la vedono sempre in prima linea accanto a Paolo Iafrate, l’altro pasionario di questa lotta.

Avvolta con la  bandiera Cobas la trovavi sempre in prima linea.

Contemporaneamente era una donna abituata a ricominciare sempre da capo. Non poteva stare ferma con le  mani in mano. Da una parte sapeva cucire, avrebbe potuto aprire una sartoria, una stilista in piena regola se Saturno avesse remato a favore. Un’educatrice con passione, tanto che avrebbe potuto gestire una scuola per l’infanzia. La società del lavoro, il mercato che gestisce il lavoro invece è stato spietato collocandola negli inservibili, che devono lottare per il posto di lavoro. Finita dalla fabbrica nella giungla degli LSU ha difeso a spada fino alla fine il posto. Licenziata non si è arresa, con dignità ha cominciato  a fare i mercatini, vendendo i prodotti della sua creatività.

Le sue mani non si sono risparmiate, non le usava solo per cucire, ricamare e anche cucinare, sapeva anche martellare e usare l’accetta .Le devo tanti Grazie  per aver cercato di mettere ordine nel mio caos. Un grazie che mi è rimasto strozzato dentro, questo periodo di distanziamento sociale mi ha impedito di frequentarla, mentre stoicamente e con dignità ha sopportato la sua malattia. Avrei dovuto scrivere questo “pezzo” ieri per narrare la perdita di una donna  da sempre impegnata ,ma ieri io che gioco con le parole  le ho perse, sono rimaste soffocate.

Solo ora dopo averla vista stamattina sul suo letto, rilassata, vestita  con un abito realizzato da lei, le parole sono riuscite a prendere forma per raccontare una donna impegnata nella lotta non solo per il lavoro, ma per l’emancipazione delle donne. Fortemente ironica ,una mattina dalla Capitale arrivò trafelata una consigliera regionale, che  si “lamentava” dei ritmi frenetici della vita politica, lei la guardò e le disse se vuoi ti porto a vivere con Grande Sorella così provi l’emozione della precarietà  il non sapere se a pranzo riesci a mettere un piatto a tavola. Da quel momento divenne Grande Sorella.

L’ultima sua battaglia è stata la candidatura al Comune, sperava di   portare la voce di chi non vuole esser vinto, la voce degli ultimi.