Qual om riprende altru’ ispessamente

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Qual om riprendeIl buon Gualtiero, conosciuto in città con lʼappellativo di ʻAbate di Tivoliʼ, sta ancora dormendo, quando sente bussare alla porta.

Tre colpi secchi, uno dietro lʼaltro, non privi di una certa urgenza. Alzatosi di scatto, afferra al volo il camiciotto, e va ad aprire. “Sei tu, Gualtiero?”, gli chiede con voce stentorea uno scudiero imperiale. “Reco per te una missiva del notaro imperiale”. Gliela porge con malagrazia, non attendendo nemmeno la risposta, dandola come scontata, e si dilegua per le scale.
“Mi ha risposto!”, pensa tra sé Gualtiero, sedendosi sul letto. “Orsù, leggiamo”. Detto. Fatto. Ormai svegliatosi del tutto, non perde tempo. Quasi si tuffa sul tavolino della stanza e, presi i canonici carta, penna e calamaio, butta giù questo sonetto. Dove, in sostanza, dice al Notaro: “Amore va preso in tutte le sfaccettature, belle e meno belle, subendone con ciò tutte le conseguenze”.

  Qual om riprende altrù’ ispessamente,
a le rampogne vene a le fiate;
per voi lo dico, amico, imprimamente,
ca non credo ca lëalmente amiate.
Che s’Amor vi stringesse coralmente,
non parlereste per divinitate;
inanzi credereste veramente
che elli avesse in sé gran potestate.
Perciò ch’è di sì scura canoscenza,
che n’adiven come d’una bataglia:
chi stâ veder riprende chi combatte.
Quella ripresa non tegn’e’ valenza:
chi accatta lo mercato sa che vaglia,
chi leva sente più che quel che batte.

‘Qual om riprende altrù’ ispessamente’
dell’Abate di Tivoli a Jacopo da Lentini