Ricordo del cantautore Sergio Endrigo

I suoi pezzi sono pura poesia accompagnata da melodie meravigliose e da una voce malinconica ma non triste.. la musica si leva con naturale semplicità ed eleganza è tipico di chi con poche parole sa dire molto.

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Sergio Endrigo

Pochi si ricordano di un grande cantautore, Sergio Endrigo.

Ha lasciato un indelebile segno  nella storia della musica “leggera” (come si diceva negli anni ’60, ma mai l’aggettivo è meno appropriato in questo caso!!) entrando nella cerchia dei cantautori più apprezzati.

Detta così, banalmente,  appare come uno dei tanti cantautori degli anni ’60, ma lui si distacca dalla moltitudine e da ogni paragone con altri, pur rappresentativi di uno stile poetico/musicale.

In realtà non appartiene ad un ‘epoca in particolare, è un artista che supera l’ appartenenza ad un preciso genere musicale, seppur elitario, come quello dei “cantautori”.

Debuttò al Festival di Sanremo nel 1966 con “Adesso sì” che in quello stesso anno venne interpretata anche da un artista esordiente, Lucio Battisti… aveva già capito la grandezza di Sergio Endrigo. Nel 1968 vinse la competizione sanremese con “Canzone per te”, strana vittoria a Sanremo per un cantautore che ricordava Luigi Tenco e la sua tragica vicenda conclusasi  l’anno prima dietro le quinte del Festival.

Diversamente da Luigi Tenco, più duro ed amaro, Endrigo è autore di testi poetici, ispirati sì all’amore, ma ad un amore eterno, senza fine e senza condizioni: “C’è gente che ama tante cose e si perde tra le strade del mondo, io ho che amo solo te, io mi fermerò e ti regalerò quel che resta della mia gioventù”  (Io che amo solo te, 1962)

Parole semplici ma di ampio respiro; per la cronaca… siamo negli anni in cui imperversa  il jukebox, la musica beat, i capelloni e i Rolling Stones, Celentano e gli “urlatori”.

I suoi pezzi sono pura poesia accompagnata da melodie meravigliose e da una voce malinconica ma non triste.. la musica si leva con naturale semplicità ed eleganza è tipico di chi con poche parole sa dire molto.

“La solitudine che tu mi hai regalato io la coltivo come un fiore “ (Canzone per te, 1968)

Endrigo nacque a Pola, era istriano, e come tanti, fu vittima delle vicende storiche che l’allontanarono dalla sua terra;  per Pola scrive la meravigliosa “1947” ; racconta della sua città dove non è più tornato da quell’anno in cui ne è fuggito.. Forse la sua poesia nasce dall’essere stato privato della sua terra i cui ha trascorso la  sua gioventù:

“Come vorrei essere un albero che sa dove nasce e dove morirà”

Interpretò anche canzoni per bambini , “La casa” di Vinicius de Moraes , “L’Arca” , “Ci vuole un fiore”, quest’ultimo  testo scritto da Gianni Rodari.  Questi pezzi sono  inseriti nell’album del 1969 “La vita, amico, è l’arte dell’incontro” , album in cui hanno collaborato Giuseppe Ungaretti e il chitarrista Toquinho.

Qui diventa quasi un menestrello, un cantastorie , un interprete di ballate antiche e senza tempo …chi di noi non le ha cantate ai nostri bambini?

Accompagnata dalla chitarra, Endrigo dà voce e suono a  storie d’amore e di dolore piano piano, con delicatezza ed armonia, con il sussurro del poeta che mette in musica la vita.