Impossibile non andare alla scoperta di Sandra Alvino, storica paladina dei diritti del movimento lgbt, una altra vita fatta di lotte, un’altra vita da scoprire.
“Io sono una signora”, diceva con orgoglio e potrebbe essere la sintesi di questa storia, una signora imprigionata in un corpo non suo,ma che ha sempre vissuto come donna, pagando con il carcere ed anche con il confino. Nel 1974 riesce ad entrare ufficialmente nel corpo e nel nome che sentiva suo. Nel 2008 la benedizione religiosa al suo matrimonio fa scandalo. Un matrimonio celebrato da Alessandro Santoro, un sacerdote della periferia fiorentina, Le Piaggem un sacerdote sospeso e solo dopo riammesso al suo ruolo.
Sandra ha trascorso diverso tempo in carcere, subendo violenze, è tra le protagoniste della lotta per la 164 secondo la quale il giudice può rettificare l’attribuzione di sesso. 14 ANNI IN PRIGIONE, falso ideologico per aver messo una a al posto di una O. In carcere conosce l’amore, si sposa, fuori dal carcere conosce la depressione, vorrebbe lavorare. Ottiene una pensione di invalidità. Anche lei affida ad un libro la voglia di narrarsi, di ripercorrere la storia complessa del suo viaggio. Solo da grande prova a ricostruire il rapporto con la madre, da cui era fuggita. Vorrebbe impegnarsi anche politicamente, candidarsi come sindaca alla guida di Firenze.
Eccentrica nel modo di condurre le lotte, prende le distanze dal Pride.
Il suo romanzo è un viaggio nell’ Italia del tempo, un viaggio che vede spesso la lotta dei diritti civili secondaria. La sua vita è anche un viaggio nelle fratture del movimento, in lei è forte il tormento religioso. Sui giornali finisce spesso, così come quando si separa. Ad annunciare la sua morte sarà però lui, l’ex marito, che è rimasto sempre al suo fianco durante la sua malattia, sopportata con stoicismo. In rete è possibile rintracciare le sue battaglie, le interviste, la denuncia delle violenze subite in carcere. Una donna tutta da scoprire, che ha aperto la strada alla conquista della legge 164, una donna, che rivendicava un lavoro, che non fosse la spettacolarizzazione del suo corpo.
Sembra che la sua scrittrice preferita fosse la Deledda, proprio per quel misticismo religioso