Scusate se non siamo affogati.

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Non sono mai stato vicino alla stampa, o a qualunque mezzo di ampio potere mediatico, bensì scrivo questo articolo riconoscendo un obbligo civile e morale nel documentare ciò che abbiamo vissuto, e lo faccio con le lacrime agli occhi.

Ore 19:04 appare sul mio blog “piazzaangelomusic” un mio articolo inneggiante il superamento delle differenze sociali, etniche, ecc… ovviamente disperso tra i mille post di wordpress e facebook.

Passa qualche ora, e da casa mia, per una cena a cui sono stato invitato, mi sposto a Campoli del Monte Taburno, piccolo paese della provincia di Benevento, in cui oltre alle scuole, ho trascorso tante delle mie giornate.

“Dobbiamo andare al cimitero, veloce, è un’emergenza!” Queste le parole che mi sono state dette dall’altro lato di un finestrino mezzo abbassato.

“Andiamo!”

Risalendo per le strade del paese, il primo pensiero correva già verso i soccorsi, aspettando soltanto di capire a quale numero rivolgersi.

Ore 20:30 circa, vediamo il cimitero, qualche macchina posteggiata in maniera alquanto inusuale, e sulla gradinata diverse persone. Posteggiamo la macchina e scendiamo per cercare di capire cosa stesse realmente accadendo.

La scena era a dir poco … non so, non ho più parole per descriverla. 11 adulti, la maggior parte donne, di cui due incinte, e tre bambini piccoli, bellissimi… buttati lì, abbandonati a sè, sulle scale di un cimitero. Elemento per me trascurabile, erano di colore.

Sul posto erano già giunti da un pezzo alcuni ragazzi e ragazze campolesi, che sfruttando le loro conoscenze riguardo le lingue straniere, avevano giá individuato e messo a fuoco il problema:

14 profughi, un numero ed una parola che nella connotazione che sta assumendo oggi, spaventa.

Ecco cosa erano diventati. Scappati dalla struttura di accoglienza che fino a quel momento li aveva ospitati.

“Eccoli qui! Si lamentano pure! Vitto e alloggio, beati loro!”

Direbbe qualcuno.

Eppure la verità è molto diversa, molto più orrenda ed infame.

“Perchè siete andati via?”

“Non si mangia, non si dorme, quella donna incinta, la vedi? Si sente male, abbiamo chiesto di portarla in ospedale, ma il gestore del centro non ha voluto… la vedi lei? – indica una giovane donna – è malata, da più di una settimana ha dei tamponi nelle orecchie e febbre alta. E guarda lei… – si alza, si avvicina ad una delle bambine, le alza la maglia – vedi! Ha delle bolle e continua a grattarsi, abbiamo chiesto medicine… nulla. Abbiamo chiesto i soldi che a noi spettano, solo per comprare medicine, nulla. Abbiamo fame. Lei -indica una donna stesa con la testa riversa su di una busta- ha provato a cucinare qualcosa ma lui (gestore della struttura) ha buttato via tutto il cibo dicendo chr dovevamo rispettare i suoi orari, le sue regole… abbiamo provato a parlargli… ci ha risposto “se non vi sta bene, andate via

“A noi piace stare qui! Non vogliamo andare via… Aiutateci”

Nessuna risposta. Da parte di nessuno. Solo dolore e vergogna. E mille domande. Ma una su tutte dominava “Facciamo realmente così schifo?”

Ma non c’era tempo per pensare. Bisognava agire. Ed in fretta.

Chi chiamare? Eh beh i Carabinieri!

Dopo attese interminabili al telefono, con relative chiamate rifiutate, e ancora peggio, riagganciate, propongono il loro piano d’azione:

“Ci dispiace, non possiamo fare nulla, non è di nostra competenza”

Alternative? Qualcuno riferisce che bisogna contattare la Prefettura di Benevento, perché casi del genere sono di loro competenza.

Minuti e minuti persi ad un telefono. Che poi all’improvviso e con tono minaccioso ci viene riagganciato.

Beh! Una domanda sorge spontanea. “Ma lo stato, dov’é?”

Ancora mancava il tempo per pensarci. Bisognava trovare una sistemazione, al più presto. Intanto la gente comune mobilitatasi cresceva a dismisura. Si arriva alla Caritas. Ci siamo si aspetta il fax della procura.

Ore 23:30 Partenza per il centro Caritas a Benevento.

Ore 00:00 qualcuno dormiva beatamente, con qualche sporca centinaia di euro in più in tasca, e la coscienza macchiata. A vita.

É questo che volete per i vostri figli?

Ps. Mi dispiace non aver avuto la possibilitá di documentare quanto successo tramite foto, ma non ne ho avuto nemmeno il pensiero.

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