Lezioni di statistica: come interpretare i risultati politici, evitando le fake news.

Le elezioni europee dello scorso 26 maggio hanno visto vincitore, in Italia, il partito della Lega, capitanato dal leader Matteo Salvini. Un risultato straordinario visto, che rispetto alle amministrative del marzo del 2018, i sostenitori sono aumentati al 33%, sottraendo quota al Movimento 5 Stelle. Altro risultato straordinario lo raggiunge il Partito Democratico, che contro i sondaggi va ben oltre le aspettative toccando il 21%.

Risultati che secondo gli esperti dimostrano che molti italiani hanno, nel giro di un anno circa, cambiato idea nell’appoggiare il partito del ministro Luigi Di Maio, distribuendo, così, i voti sul fronte ex padano(?). Inoltre, i democratici – visto il loro successo – sostengono, tutt’ora, che il paese deve ritornare al voto, in quanto – secondo loro – il sipario presenta la netta rottura tra Lega e Movimento.

Pensieri questi che risulterebbero plausibili se si tenesse conto delle statistiche: cioè si può affermare la tesi di “crisi di governo” qualora i campioni statistici analizzati risultino coerenti dalle analisi di confronto. Nel valutare queste tesi, ci sarebbero delle “incoerenze matematiche” che, quindi, porterebbero a fare qualche chiara osservazione.

Primo tallone d’Achille.

Vi è stato l’errore di basare il risultato attuale con quello delle votazioni nazionali del 4 marzo 2018. I votanti delle elezioni nazionali sono stati più numerosi rispetto ai votanti di queste europee. Si tratta di un’affluenza del 73% contro una del 57%. La discrepanza risulta essere del 16%, di votanti in meno.
Ovviamente, non si vuole mettere in dubbio il successo della Lega, ma questo 16% avrebbe – quasi sicuramente – potuto spiegare meglio la dinamica. Probabilmente, seppur fosse stata ugualmente una sconfitta, il M5S avrebbe avuto una netta possibilità di risultare secondo partito scelto; oppure, questo 16% , avrebbe potuto far entrare i PiùEuropa al parlamento europeo, visto che mancava l’1%, a quest’ultimi, per ottenere almeno un seggio.
Per cui, come primissima cosa, la statistica ci insegna che questo 16% avrebbe potuto far tramutare un risultato diverso.

Secondo tallone d’Achille.

Il partito di Matteo Salvini, nonostante lo straordinario risultato, andrà a rappresentare la minoranza al Parlamento Europeo. L’informazione mediatica nazionale non ha mai preso in seria considerazione la coerenza nel divulgare quest’importante aspetto, tenendo non informata la maggioranza degli italiani – che ha dato questa preferenza – sul fatto che la coalizione di Salvini, con Orban e Le Pen, non ha i numeri per rispettare le volontà di idee e di partito (a questo, non dimentichiamo, andrebbero aggiunti dei sondaggi che davano, come previsione, l’ascesa totale della destra in quasi tutti gli stati europei. Anche lì, i risultati statistici dicono altro!).

Continua, comunque sia, a permanere un’altra importante questione, già prima quasi citata: manca il 27% di cittadinanza al voto. Che siano tutti astenuti sembrerebbe improbabile, poiché sono non pochi. Forse non tutti sanno che mancano tanti voti da giovani fuori sede (universitari e non), ed a confermarlo sono le statistiche dei votanti nel meridione. Una cosa non da poco se si pensa che il cammino e la prosperità di un paese, nell’intelletto e nelle azioni, ha bisogno delle generazioni in erba. Lo stato italiano non si è mai impegnato a risolvere questo aspetto di voto, a far perdere decisioni che potrebbero – o forse no – dare risultati diversi, potendone cambiare le sorti.

L’importante, aldilà di tutto, è che tutti noi dovremo cercare di interpretare i sondaggi, le statistiche. Saper mettere in discussione giornali, televisione e le news dei social media potrebbe risultare importante nell’interpretazione delle statistiche. Bisogna far attenzione a ciò che si vive, e nello stesso tempo vedere se ciò che viene divulgato coincide esattamente con le percentuali.