Essere anziani al tempo del covid

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Essere anziani al tempo del covid

Quella che sto per raccontare è un’esperienza personale. Ometto nomi e luoghi per questione di privacy.

Alla fine di ottobre, mia mamma, quasi ottantaseienne, viene ricoverata per effettuare un intervento salvavita in un ospedale che si definisce covid free. Nessun parente è ammesso alle visite. Ogni paziente è negativo al tampone. L’intervento riesce e mamma viene dimessa “asintomatica e apiretica “. Torna a casa, ma tre giorni dopo comincia ad avere un po’ di febbre e dolori al basso ventre con diarrea. Si pensa a una conseguenza dell’intervento e la si cura con antipiretici e antibiotici. La situazione peggiora.

Viene eseguito un tampone e risulta positivo.

Il medico di famiglia consiglia antibiotici, cortisone e anticoagulanti. Si sceglie la terapia domiciliare, perché il ricovero è previsto solo, e sottolineo solo, se la saturazione dell’ossigeno nel sangue scende sotto il 90% (che significa essere in insufficienza respiratoria). Nella mia città non esistono reparti ospedalieri o strutture che prevedano di curare anziani non autosufficienti covid positivi ma ancora in buone condizioni respiratorie. Dopo giorni disperati in cui cerco ovunque aiuto, trovando anche persone competenti e disponibili, ma nulla dal punto di vista organizzativo, mamma sviene e finalmente viene ricoverata in un reparto covid terapia media intensiva.

Resta ricoverata per 20 giorni durante i quali non posso vederla né sentirla se non contando sul buon cuore di qualche operatore che mi fa (a sue spese) una videochiamata.

Per fortuna mamma è forte e si riprende, respira da sola e si negativizza. L’ospedale è costretto a dimetterla per lasciare, giustamente, posto a chi è in condizioni più gravi. Mamma non riesce a camminare e deve usare il pannolone: non è più autosufficiente, ma viene comunque rimandata a casa perché non esistono strutture riabilitative per persone in quello stato. Siamo costretti ad assumere due badanti e un fisioterapista privatamente. Per fortuna possiamo, con grande sforzo, permettercelo e mamma sta piano piano migliorando. Diciamo quindi che questa è una storia a “semi-lieto fine”, anche se la strada è ancora lunga e difficoltosa. A questo punto, senza intenzioni polemiche, lascio al lettore le domande da porsi e le risposte da darsi. Al momento io ho molte domande e poche risposte.