C’eravamo affacciati in quel mondo strano, pensavo “ingenuamente” che il nostro fosse un transito veloce, un mese e via, tutto sarebbe tornato normale.

Quanto mi sbagliavo!

Il neuropsichiatra mi aveva parlato di un problema leggerissimo, si complimentava con le insegnanti che avevano segnalato “la cosa” ed io mi ero attivata immediatamente per sentire un consiglio “autorevole”. Da quel consiglio autorevole si era passati a una riabilitazione che stavamo seguendo. Il prossimo passo sarebbe stato continuare la programmazione della nostra normale routine familiare.

Venni chiamata dall’assistente sociale del centro. Mi allarmai, pensando di aver avuto dei comportamenti non consoni alla situazione.

Mi fece accomodare e chiuse la porta dietro di me. Non mi piaceva niente questa storia.

La prese alla larga e poi mi disse all’incirca così: “Perché non fa la domanda di invalidità per la bambina?”

Mi alzai di scatto e rovesciai la sedia all’indietro perché venni fulminata da un brutto pensiero: “Accidenti, se lo Stato che non dà niente per niente e mi riconoscerà un qualche contributo, vuol dire che mia figlia ha un problema serio, altro che ritardo leggero!

Esclamai: “Non voglio niente da nessuno!” Scappai, spalancando la porta, ma venni seguita e riuscii in qualche modo a controllarmi ed ascoltare.

Non so per quante ore me la presi con il mondo intero.

Analizzai il tutto con mio marito concludendo che se non facevamo la domanda, non cambiava niente perché mia figlia comunque era sempre una bimba con disabilità. Senza invalidità, non potevamo comunque accedere a dei servizi che potevano contribuire al suo benessere scolastico e quant’altro.

Mi accinsi a far predisporre dagli specialisti la documentazione a corredo della domanda da presentare con raccomandata a.r. alla ASL competente.

Fare quella raccomandata per me fu una tortura.

Era l’ammissione che mia figlia non era “normale”.

Dopo la raccomandata non parlai con nessuno per almeno una settimana. Chi mi conosce sa benissimo che per me stare zitta tutto quel tempo è qualcosa di assurdo.

A distanza di tanti anni, penso all’inizio della “nostra nuova vita”, tanti avvenimenti ci hanno sconvolto ma, allo stesso tempo “mi” hanno fortificato per diventare quella “grande mamma rompiscatole” come qualcuno pensando di offendermi mi ha definito.


Il dramma della raccomandata

Racconto di Marinella Melis