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Cara
alla fine la guerra è arrivata per davvero
puoi smettere di aspettarla
come faremo a difenderci mi chiedo
noi
cresciuti con principi di slow food
di veganesimo e libertà
noi
non ancora pronti a mangiare le blatte
che t’infestano l’appartamento di notte
fortunatamente ti posso ancora guardare
e perdermi
nella tua bellezza imperfetta
la rabbia
del vedere evaporare
quel fascino così sinistro che ricorda la catastrofe
ci sarà anche rimasta qualcosa da dire
da qualche parte
oltre il nostro precipitoso invecchiare in vortici di stabilità
fortunatamente
posso ancora guardare
come spighe di grano biologico nascono dal pallore della tua pelle
così gialle
così pure

Posso ancora credere che non moriremo
morti ammazzati
decapitati
superati come vhs dimenticate nello scantinato
eppure
nonostante la guerra
e i diavoli nel corpo
tu continui a germogliare
un pigro fiore appassito tra le macerie
che si aggrappa ancora una volta sul dinamismo della resilienza
certo
siamo stati razza facile da colonizzare
abbiamo seppellito noi per primi
la magnificenza e lo splendore
che ci avrebbero fissati sulla curva dello spazio tempo
così come è morto Mozart
o Dalì
da Vinci
Wallace.

Così anche noi ci siamo abbandonati alla miseria
la più becera delle rinunce
non siamo bastati al mondo
perché abbiamo donato al prossimo solo la mediocrità del quieto vivere
da sempre
trailer di film incompiuti
per sempre
promesse mai mantenute
a mentre morivo
sotto il bombardamento della pay tv tarocca
continuavo a considerare
il tuo insano scintillio
cosa te ne saresti mai fatto?
dello splendore donato a rate
al primo storpio incontrato per caso.

Per questo ho smesso
con l’apporre avanguardie sulla mia testa
o sulla porta di casa
nessuno capisce veramente il progresso
viviamo appellandoci continuamente a riferimenti desueti e superati
come la mia gioventù
e il tuo bicchiere sempre sporco di malto invecchiato
se mai sopravvivremo a tutto questo
se mai
un giorno
ci riconosceremo nella polvere
con le facce sporche di calcinacci e terapie intensive
ci ritroveremo
negli abissi dello stomaco
e gli acciacchi psicosomatici
ci abbracceremo ridendo
come disadattati scampati all’utopia
ma i giorni e il tempo
rimarranno per sempre un sistema metrico decimale
l’unico metodo riconosciuto per dare spazio al fantasticare della morte.

Perché magari
perderemo la capacità di saperci distinguere nel nulla
e differentemente
con carceri diversi
ci ritroveremo ingabbiati e inconsapevoli
in paesaggi sfatti dall’abbandono e dalla carestia
non importa
quello che conta è l’esserci stati
quel tanto che basta e basterà
a farci maledire
le nostre scarpe
e i sentieri intrapresi.


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