Ascoltava. Anzi, sapeva ascoltare. E come se quel ruolo non bastasse, dava parole di conforto, incoraggiava e elargiva positività a chi si confidava.
Era un dote, ma ultimamente la viveva come una maledizione. Il vantaggio lo godeva soltanto chi veniva assecondato e confortato, ma lei, negli ultimi tempi si sentiva intrappolata in un ruolo scomodo, senza però riuscire a liberarsene.

Ascoltava perché così le era stato insegnato, perché era sinonimo di educazione e perché considerava la confidenza sacra.

A 15 anni c’era l’amica che parlava del suo amore segreto, a 25 l’amico innamorato della fidanzata del compagno di basket, a 35 chi affrontava per la prima volta un lutto grave, a 45 il piccolo intervento a cui la conoscente doveva sottoporsi.
Ma le confidenze peggiori le stava raccogliendo ora, a 55 anni suonati.
Amanti, pettegolezzi, maldicenze, disperazione per figli inetti, esaltazioni di figlie geniali.

Profluvi di parole a cui rispondeva sempre con gentilezza e buonsenso. Paranoie, paturnie, dubbi. Ultimamente le capitava di sentire di tutto.

Donne e uomini non più giovani che soffrivano della sindrome dell’adolescenza di ritorno e cercavano in lei niente di più che un paio di orecchie pronte a prestare attenzione a qualsiasi delirio.
Più volte aveva cercato di farsi ricambiare il favore parlando di lei e della sua vita, ma quasi sempre veniva interrotta o semplicemente ignorata. E si ritornava al punto di partenza.

Si fece coraggio e violentò la sua natura gentile e accondiscendente.

Scelse la vittima della sua vendetta e l’affrontò. La donna coi tacchi a spillo e il Barbour nero cominciò a vomitare i suoi inconsistenti problemi e lei ascoltò. La fece parlare fino a quando le parole si esaurirono. Tacchi a spillo attese le consuete e provvidenziali iniezioni di fiducia, ma non arrivarono. Chiese cosa ne pensasse, ma lei rimase ad osservarla inespressiva. Trascorsero secondi infiniti fino a quando lei fece spallucce, si volto, e se ne andò lasciando la donna in Barbour nero attonita e irritata.
Il silenzio vinse e lei con esso.


La vittoria dell’indifferenza