Anche i riti di commiato sono vittime del coronavirus. Una canzone di De André “Il Testamento” recitava: «Quando si muore, si muore da soli». Una realtà mai così vera come nei casi di decesso che si sono verificati a causa della pandemia da coronavirus in cui si muore soli davvero, senza il conforto dei familiari e senza un ultimo saluto: funerali sono vietati in chiesa, le case funerarie, gli obitori, le sale dedicate ai riti di commiato sono chiuse, è ammessa solo la benedizione della salma al cimitero o la cremazione in forma privata o senza i parenti. La cerimonia funebre cambia radicalmente volto, modifica i rapporti familiari e coinvolge anche le imprese di pompe funebri a Roma come in tutta l’Italia braccata dal virus. L’addio in solitudine è affidato ai soli addetti delle agenzie.

I rischi per gli operatori delle agenzie

Gli operatori delle agenzie funebri vivono un sovraccarico di lavoro durante l’emergenza da COVID19, senza avere nulla di cui essere soddisfatti. In tempi di restrizioni, paura e divieti, i più “vicini” ai defunti (oltre 15.887 solo a causa del COVID) sono proprio gli operatori delle agenzie funebri (come La Cattolica San Lorenzo) che restano gli unici ad occuparsi della salma post mortem, soprattutto se il deceduto era positivo al COVID 19. Le disposizioni sono rivolte erga omnes, per cui anche nei casi in cui è accertato che il decesso è avvenuto in casa o per cause naturali, i riti di commiato non possono essere eseguiti come in condizioni di normalità, perché non si può escludere che il deceduto non fosse contagiato e, in ogni caso, non si possono creare occasioni di assembramento o contatto sociale fosse anche solo di parenti.

Sebbene non esiste un pregiudizio igienico-sanitario al decesso, in quanto la respirazione cessa, resta il fatto che nel vestire o movimentare la salma, una qualsiasi pressione del torace può provocare ancora scambi ed emissioni di aria. Gli operatori necessitano di lavorare con le massime precauzioni. In condizioni non emergenziali ci si stringe la mano nel porgere le condoglianze, ma con la pandemia in atto è necessario che gli addetti alle esequie indossino guanti, camici, occhiali protettivi, mascherine, grembiuli e prodotti igienizzanti che scarseggiano. Inoltre, contrariamente a quanto si possa pensare, il settore registra un calo di fatturato per la riduzione dei servizi al minimo indispensabile e oggettive difficoltà burocratiche dovute all’indisponibilità dei medici di base nel prestare la visita alla salma e compilare i moduli ISTAT sulle cause del decesso.

È la fine della pietas?

Nei casi accertati di coronavirus, la salma non viene vestita, ma semplicemente avvolta in un materassino contenitivo che funge da barriera igienizzante e riposta immediatamente in una bara zincata. Il trasferimento al cimitero avviene in assenza dei familiari (sia per ragioni di isolamento preventivo, sia perché molto probabilmente anch’essi contagiati) i quali possono assistere a distanza tramite video e foto che gli addetti alle pompe funebri si premurano di far pervenire documentando il momento della benedizione e sepoltura. Nei casi di decessi per cause naturali, le condoglianze si esprimono con un semplice inchino tra parenti e il saluto al feretro può avvenire solo a voce e senza toccare la bara.

Viene così a mancare una sorta di pietas, quel sentimento di compassione e partecipazione comune al dolore.

Gli usi, i costumi e le tradizioni sono stravolti. L’elaborazione del lutto per i familiari sta già mutando: niente abbracci, né visite di amici e colleghi che aiutano a superare il momento. Si vive da soli anche la sofferenza della perdita estrema. I parenti non indicano più sui manifesti né il giorno né gli orari della sepoltura o della funzione e con la chiusura delle camere mortuarie, i parenti vedono il congiunto solo dopo la vestizione o – addirittura nel caso dei contagiati – dopo la chiusura stessa della bara, uno alla volta e per soli 5 minuti.

La benedizione della salma è limitata all’atto in sé e a una breve preghiera per i credenti. Anche la predisposizione del funerale – o di quel che ne resta – non si svolge più negli uffici delle agenzie funebri, ma tramite telefono o e-mail o all’aperto a distanza di sicurezza: con tatto, discrezione e imbarazzo, tra le domande di rito occorre chiedere le cause di morte e se il defunto era contagiato da COVID 19 al fine di avviare tutte le pratiche precauzionali richieste. Lo choc emotivo è forte per tutti ed è spiacevole, ma comprensibilmente necessario finché sono in atto pandemie e stati sanitari emergenziali.