Tonino e la città

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Il viaggio durò tantissimo, non sapevo nemmeno dove quel treno conducesse.

Credevo di non arrivare mai a destinazione, o almeno di non farlo da vivo. Avevo fame e non mi sentivo più le gambe a furia di stare accovacciato tra le valigie dei passeggeri.

Ero partito di notte e arrivai lì che era notte. Sgattaiolai fuori dal vagone e mi mischiai nella folla che usciva dal treno. Fuori dalla stazione mi aspettava il buio freddo, col suo vento gelido contaminato di fiocchi di neve. Avevo le mani congelate mentre percorrevo a passo svelto quelle strade sconosciute. Probabilmente mi sarebbero cadute se non mi fossi imbattuto, di lì a poco, in un locale ancora aperto. Entrai: era un bar. Era caldo e profumava di cornetti appena sfornati. Dietro la cassa stava seduto un uomo paffutello, sulla sessantina, con baffi e capelli grigi.

– “Cosa posso darti, ragazzo?”.

– “Solo un po’ di calore! Mangerei volentieri qualcosa, ma non ho un centesimo!”

Effettivamente era così, nella mia borsa non avevo altro che un mucchio di fogli. Mi aspettavo una reazione stizzita da quell’uomo, ma non fu così.


Tonino e la città

Testo di Davide Capoohto